Un libro con una prefazione di Vincenzo Spatafora, già Garante Nazionale dell’infanzia, che presenta dodici storie che sono dodici esperienze scolastiche che vedono protagonista alunni, docenti, dirigenti e personale scolastico che al di là delle riforme, decreti e leggi che in questi anni hanno trasformato la scuola, continuano a dare il loro apporto per far sì che la scuola continui ad essere presidio di legalità e luogo primario che concorre alla preparazione e alla formazione degli uomini e le donne del futuro. La Scuola fa più paura della Giustizia nuovo libro di Antonio Trillicoso  con la prefazione di Vincenzo Spadafora, garante nazionale dell’infanzia, che racconta di esperienze scolastiche in zone difficili e dove la scuola resta a volte l’unico baluardo della legalità e delle istituzioni che concorre alla formazione e preparazione del ragazzi.  La Scuola intesa come luogo di formazione e istruzione per eccellenza fa più paura davvero.

Perché l’istruzione forma le persone, fa sviluppare il senso critico e aumenta l’atteggiamento del discernimento. Il discernimento rispetto alla realtà e alle cose che ci accadono attorno. E i ragazzi che non hanno ancora un pensiero, un giudizio ben preciso e definito perché appunto sono in formazione, sono facile preda dei “cattivi maestri”. Cattivi maestri che possono essere tutti, non solo la criminalità, ma la televisione, internet e tutto ciò che entra a giusta o a torta ragione e attraversa la vita di un ragazzo nel periodo che va dai tre ai diciannove anni (dalla scuola dell’infanzia all’esame di stato). Diventa fondamentale il ruolo della scuola come esperienza di “crescita” intellettiva, morale e sociale. Una “crescita” che dà da piccoli e darà da “grandi” di essere parte attiva della società, del mondo del lavoro e della futura famiglia. La scuola è stata colpita in questi anni più volte in modo grave e in forma violente. Ma la scuola deve reagire, deve contrastare alzando la voce forte e chiara dicendo: LA SCUOLA NON SI TOCCA. In questi momenti  di riflessione mi viene in mente quell’amico mio missionario in Africa, che era stato prima in Asia e anche in America Latina. Missionario nei posti più poveri e crudi del mondo dove veniva costantemente leso ogni diritto alla persona. Questo missionario mi diceva che quando con i suoi confratelli arrivava in un posto nuovo, non insegnavano a pregare ma a scrivere e a leggere per far riappropriare le persone di quel luogo della propria dignità e della consapevolezza a protestare e a chiedere i loro diritti. In questi mesi la scuola è ancora protagonista per le proteste dovute alle trasformazioni per l’approvazione del DDL “La Buona Scuola” che hanno snaturamento la figura dell’insegnante fortemente minacciato nel suo ruolo. L’insegnante protagonista di questo libro presenta vari episodi in cui lascia trasparire chiaramente che la scuola è per lui una “missione”, un baluardo di senso critico che mira ad una formazione completa dell’alunno: culturale e sociale, specialmente in zone difficili e a rischio dove il ragazzo deve recuperare la sua dignità e comprendere che occupa un posto rilevante nella strada, nel quartiere, nella città in cui vive.

Il docente non pensa al suo tornaconto, si dà completamente ai suoi allievi formandoli e informandoli su tutto ciò che avviene intorno. Tutto questo tenendo ben presente i bisogni fondamentali di ciascuno tra cui quelli di responsabilità, di solidarietà, di iniziativa, di coerenza e di rispetto reciproco. Un insegnante quindi che è più che mai una guida propositiva per i suoi alunni, un “educatore”.