di Pasquale Castaldo

L’area dei Regi Lagni può essere distinta dal punto di vista socioeconomico e geomorfologico in una zona “montana” sita a nord est della città di Napoli da agricoltura non intensiva; una zona che va da Nola fino a valle di Acerra, caratterizzata da un’economia di sviluppo industriale; una zona che va da Acerra alla foce costituita da un tratto di pianura destinata ad agricoltura intensiva e in parte irrigua. Negli ultimi anni ampiamente trasformata in zootecnia e prodotti derivati.

La presenza delle aree destinate ai consorzi delle aree di sviluppo industriale, anche a strutture di servizio, rappresenta un limite notevole nel bacino per la loro funzione di netto contrasto con la struttura sociale, morfologica e produttiva locale a carattere agrario da rinaturalizzare. Pertanto proporre il vincolo sulle superfici ancora inedificate destinandole solo a quelle attività congruenti con la produzione e trasformazione dei prodotti agricoli con soluzioni unitarie nell’intero sviluppo dell’area di Bacino.

In un contesto so potrebbe dire di globalizzazione dell’economia, non v’è dubbio che negli ultimi anni i sistemi economici si caratterizzano per una inversione dei pesi dei settori produttivi (il terziario più del secondario), per le radicali modifiche delle tecniche di produzione, anche nel settore primario (si pensi per tutte all’agricoltura biologica), per la maggiore libertà di allocazione dei capitali finanziari in mercati di riferimento territoriale globale.

Nello “Studio socio-economico e territoriale” redatto dalla Provincia di Caserta nel 1995, si scriveva che la Provincia di Caserta insieme alle altre della costa tirrenica come Frosinone e Salerno hanno maggiormente beneficiato degli aiuti al Mezzogiorno d’Italia, aiuti che hanno portato un impetuoso sviluppo industriale. Questo sviluppo, ha anche portato alla determinazione di evidenti disfunzioni e diseconomie. Il problema principale è legato alla riduzione di quelle disfunzioni e diseconomie, nonché al riequilibrio territoriale interno, osservandosi, anche in questo territorio, ciò che Manlio Rossi Doria percepiva per l’intero Mezzogiorno nel rapporto tra aree costiere ed aree interne e che si sintetizza nell’efficace immagine dell’ “osso e della polpa”. Può apparire un paradosso, ma è tuttavia razionale che in contesti precedenti la “globalizzazione”, l’analisi economica della Provincia di Caserta venisse svolta con un riferimento territoriale più ampio e quasi a voler dire che il destino di essa non era dissimile, e non poteva esserlo, da quello dell’area più ampia di riferimento (dal basso Lazio a Salerno).

In tale contesto, alcune specificità si perdono o risultano marginali, mentre il riferimento resta il modello di sviluppo della più vasta area. Nell’era della globalizzazione diviene, al contrario, rilevante individuare le eventuali specificità dell’area provinciale poiché è essenziale comprendere cosa può rendere quell’area concorrenziale all’interno del mercato globale. In altre parole, diviene sempre più indifferente la localizzazione di imprese “fordiste” (se non sul piano del mercato del lavoro), mentre produzioni di beni e servizi che sono il frutto della storia e della cultura di un luogo appaiono meno trasferibili territorialmente. Inoltre, i sistemi economici oggi possono competere su più segmenti alternativi. Da un lato, un territorio può puntare sui tradizionali “vantaggi comparati” e tuttavia difficilmente competere con i Paesi in via di sviluppo ovvero può puntare su “virtute e conoscenza” per posizionarsi sui segmenti alti dove si collocano le aree più avanzate d’Europa.

Per analizzare lo sviluppo socio economico di lungo periodo dei Regi Lagni, non si può non considerare l’analisi delle principali dinamiche che si sono verificate nel territorio di riferimento, in questi ultimi dieci anni. Non diversamente da altre aree del Mezzogiorno, ma con proprie specificità, anche in Provincia di Caserta si osservano, nel decennio ’90, fenomeni non consueti.  Il più evidente è quello demografico, tanto nei ridotti tassi dei saldi naturali che nella natura dei saldi migratori che si caratterizza da ingressi di popolazione extra comunitaria. Il secondo fenomeno è legato al degrado ambientale, sia come diseconomia, che specialmente come prodotto di specifici comparti economici, come quello delle cave.

Un fenomeno di successo ambientale nell’area è costituito dalla nascita di parchi e di riserve naturali. Altro importante fenomeno è stato quello della nascita e crescita dell’Università. Se bene inserita nel territorio e se adeguatamente attrezzata in uomini e strutture, l’Università diviene elemento essenziale per lo sviluppo, poiché produce e diffonde innovazione e non solo funzione di alta formazione.

Sul piano strettamente industriale, nell’area dei regi lagni si osserva una sostanziale deindustrializzazione con la chiusura delle imprese con direzione strategica esterna, con il conseguente ridimensionamento dell’indotto e la generale riduzione della dimensione media delle imprese.

Una più recente lettura economica del territorio consente l’individuazione di embrioni di distretti industriali, nonché l’esistenza di imprese di eccellenza sul piano del contenuto tecnologico.                            Nel settore dell’agricoltura gli aspetti principali, oltre la ridotta dimensione aziendale, concernono: la crescente riduzione della superficie agricola catturata principalmente dalle grandi infrastrutture, dagli agglomerati industriali e dall’urbanizzazione; la necessità di riconvertire alcune colture in crisi e la difficoltà di razionalizzare secondo i segnali del mercato in conseguenza di nuovi vincoli comunitari. L’aspetto certamente positivo è costituito dall’andamento quantitativo e qualitativo del comparto zootecnico bufalino. Il settore dei servizi al mercato è cresciuto così come in tutto il Mezzogiorno di Italia. Tuttavia, questa crescita non è determinata dall’esigenza di colmare i segmenti di mercato legati ai servizi reali alle imprese, quanto dal tentativo di compensare, soprattutto sul piano occupazionale, gli effetti negativi della deindustrializzazione.

Per il tema infrastrutture, i Regi Lagni appaiono settorialmente differenziati, nel senso che in alcuni casi, come le infrastrutture di trasporto, l’indice di dotazione è più alto di quello medio nazionale e in altri casi per le infrastrutture per i servizi alle imprese l’indice è molto al di sotto della media nazionale. Anche se gli indici sono positivi, c’è da considerare che nella loro stima sono incluse infrastrutture che hanno valenza economica e territoriale diversa. Questa diversità conduce ad effetti economici e sociali altrettanto diversi ed occorre quindi puntare su quelle infrastrutture che producono maggior reddito ed occupazione locale e naturalmente soddisfano un ben identificato fabbisogno presente e/o futuro. Per la progettazione e realizzazione delle necessarie infrastrutture, non può mancare il riferimento al P.O.R. regionale. Infatti, nel P.O.R., l’adeguamento della dotazione infrastrutturale “rappresenta uno dei maggiori impegni della Regione, nel corso di varie programmazioni. Si è impegnato da sempre sia per la mobilità, per quelle a servizio delle aree e dei distretti produttivi, in una logica di sviluppo integrato, e le infrastrutture per migliorare la qualità dell’ambiente. Sul lato infrastrutturale c’è bisogno di una razionalizzazione del sistema locale di trasporto e delle connessioni con la mobilità regionale, e la tutela e la realizzazione di infrastrutture che facilitano l’aggregazione delle imprese appartenenti ad un medesimo distretto industriale.

Sicuramente i cambiamenti che hanno riguardato l’economia dei Regi Lagni in questi ultimi dieci anni sono strettamente connessi, da un lato a fenomeni che hanno inciso su economie di più vasta portata territoriale, il Mezzogiorno d’Italia, e dall’altro alle peculiarità territoriali.

Il cambiamento è stato determinato, come in tutto il Mezzogiorno, dalla fine dell’intervento straordinario e dal processo di deindustrializzazione che ha riguardato soprattutto le imprese di elevata dimensione, sia private che a partecipazione statale.

Si è prodotto uno iato profondo tra due economie:

  • una reale, generata dalle esigenze di chi ha utilizzato il suolo e il territorio, condizionata dal quadro socio-culturale di contesto e influenzata dalle pressioni della criminalità organizzata;
  • una potenziale, ancora inespressa e non incentivata, generata dall’aspirazione a uno sviluppo che proprio dalla valorizzazione delle risorse e dei fattori produttivi territoriali e ambientali può far discendere un sostanziale e diffuso incremento dei redditi.

L’intero territorio del Bacino idrografico dei Regi Lagni rappresenta una definita unità ambientale nella molteplicità dei propri contenuti naturali e antropici. L’esigenza preminente è avere un territorio pulito e risanato, della sicurezza idrogeologica, ma anche di uno sviluppo produttivo (agricoltura, allevamento, industria) che finalmente riesca a trovare nella qualità dei processi e del rapporto con l’ambiente proprie fondamentali ragioni di sviluppo.