L’agricoltura nei Regi Lagi riveste grande importanza, sin dai tempi in cui la Campania veniva chiamata Campania Felix.

Per indicare i campi coltivati i latini usavano la parola ager, si potrebbe ipotizzare che da Campania provenga il termine “campagna”, termine che ancora oggi indica il terreno coltivato, come doveva essere in antichità la regione. Con questo nuovo ampio concetto di Campania, Plinio il Vecchio parlò di Campania felix sia per sottolineare la fertilità della regione, sia per distinguere la Campania antica, cioè la Campania di Capua, dalla Campania nuova la quale, comprendeva una porzione dell’attuale Lazio.                                                  

Purtroppo il potenziale rischio di inondazione dei fondi agricoli e di zone abitate investe un territorio gigantesco nei Regi Lagni ed è totalmente collegato all’assenza di manutenzione.
Molti agricoltori in caso di inondazioni rischiano di perdere il raccolto. La manutenzione e la bonifica dei Regi Lagni, come spesso fa sapere anche Coldiretti Campania, sono un’emergenza che richiede un intervento da parte degli Enti territoriali competenti e della Regione. Il reticolo idraulico deve tornare ad essere una rete di protezione e di valorizzazione per il territorio e non una bomba ecologica.
Essa si basa sul principio di gravità, pertanto la pulizia dei canali è quanto mai essenziale. Regi Lagni raccolgono acque piovane e sorgive, convogliandole dalla pianura a nord di Napoli per oltre 56 chilometri, estendendosi lungo 110.000 ettari pianeggianti, dal grande valore agricolo.

I vari comuni non esercitano alcuna funzione o competenza diretta nel settore primario, del tutto afferenti all’Unione Europea, allo Stato e, in misura più contenuta, alla Regione. I Comuni agiscono concretamente attraverso l’adozione di provvedimenti e di iniziative che, in via indiretta, potranno aiutare il settore agricolo che vive, da diversi anni, una delle stagioni più difficili.

I Regi Lagni dal punto di vista agricolo si distinguono tra:

  • una zona “montana” sita a nord est della città di Napoli dove permangono importati spazi naturali. Lo sviluppo socioeconomico è caratterizzato in questa zona prevalentemente da agricoltura non intensiva gestita da piccole e medie imprese,
  • una zona che va da Acerra alla foce costituita da un tratto di pianura destinata ad agricoltura intensiva e in gran parte irrigua. Negli ultimi anni ampiamente trasformata in zootecnia e prodotti derivati.

Nel settore dell’agricoltura gli aspetti principali sono caratterizzati per lo più da una ridotta dimensione aziendale. Essi concernono: la crescente riduzione della superficie agricola catturata principalmente dalle grandi infrastrutture, dagli agglomerati industriali e dall’urbanizzazione; la necessità di riconvertire alcune colture in crisi (per es. il tabacco) e la difficoltà di razionalizzare secondo i segnali del mercato in conseguenza di nuovi vincoli comunitari. L’aspetto certamente positivo è costituito dall’andamento quantitativo e qualitativo del comparto zootecnico bufalino. Quest’ultimo aspetto si potrebbe dire è una fortuna per i regi Lagni soprattutto per quanto riguarda l’export di prodotti fatti con latte di bufala.                                                                                      Invece lo sviluppo agricolo della parte del Litorale Domitio appartenente alla zona costiera di Caserta, possiede una superficie molto estesa, pari a 32.473 ha, a cui non corrisponde un altrettanto sviluppata superficie agricola (la Superficie Agricola, SA, incide per il 38.12% sulla superficie totale, mentre la superficie agricola utilizzata,SAU, per il 32%). L’area presenta più marcati indici di specializzazione produttiva nel settore zootecnico bufalino come detto (65,7%), nelle produzioni foraggere (90%), ortive (50% delle coltivazioni seminative) ed olivicole (61% delle coltivazioni legnose agrarie). In particolare, la consistenza dei capi bufalini è, nel territorio indagato, pari a circa il 30% delle attività zootecniche, anche se l’allevamento in questione rappresenta una percentuale minima in rapporto alla produzione della Provincia. Le superfici destinate a foraggi occupano oltre il 18% della Superficie Agricola Utilizzabile (SAU) del comprensorio, associate all’intensa attività zootecnica presente nell’area ed in quelle limitrofe. Le produzioni orticole, sviluppate sia in serra che in pieno campo, occupano circa il 13% della SAU locale, e rappresentano il 26% della SAU orticola provinciale. L’olivicoltura è concentrata nell’area di Sessa Aurunca e occupa oltre il 16% della SAU del comprensorio.                               Il livello di contaminazione del sistema idrico nei canali, nella falda superficiale è la conseguenza dei veleni in agricoltura. Il degrado delle risorse idriche sotterranee si traduce in un depauperamento qualitativo e quantitativo delle acque. Esistono diverse zone vulnerabili, soprattutto laddove si è in presenza di un’agricoltura intensiva associata ad attività industriali ed artigianali, che spesso utilizzano per approvvigionamento pozzi privati. La perdita di biodiversità, riconducibile in parte ai cambiamenti climatici, ha ripercussioni economiche sull’agricoltura da cui dipendono i servizi ecosistemici (impollinazione, fertilità del suolo, disponibilità e qualità dell’acqua) o su altri settori che utilizzano le informazioni biologiche come fonte d’innovazione; ed una delle misure politiche prese dall’UE per porre fine alla perdita di biodiversità è la politica agricola comune. Inoltre prevede anche l’utilizzo di fondi europei indiretti, come Fesr e i Psr. Essi hanno dato linfa nelle varie programmazioni europee all’agricoltura dei Regi Lagni, per ora con scarsi risultati.