L’art. 21 della Costituzione, che tutela la libertà di manifestazione del pensiero – baluardo del cd. “Diritto all’informazione” -, si esplica sostanzialmente in duplice significato riassumibile nel “diritto di informarsi” e nel “diritto di essere informati”, quindi libertà dei cittadini di espressione di pensieri e notizie e libertà di ricercare e ricevere dati e notizie attraverso la raccolta di informazioni.Entrambi trovano ragion d’essere nel pluralismo delle fonti e nel diritto dei governati che le scelte dei governanti possano essere conosciute “…onde consentire il massimo controllo del potere da parte dei cittadini… e realizzare l’ideale della democrazia come potere visibile” (N. Bobbio).Dinanzi al crescente conflitto tra informazione da establishment e politica, trasformatosi, nel corso degli anni, in pratiche di dossieraggio esasperato per demolire gli avversari da una parte e nell’uso abnorme da parte del politico di turno della querela intimidatoria (temeraria) con stratosferiche richieste risarcitorie per esso, per “presunte” diffamazioni, torna utile leggere alcune importanti dichiarazioni dell’ex procuratore nazionale antimafia Cafiero de Raho sul tema: “Penso che il giornalista debba avere la possibilità di poter dire delle verità senza preoccuparsi delle conseguenze della verità che esprime, disciplinando a pieno questo suo diritto.” Si potrebbe pensare a una sorta di valutazione preventiva laddove viene esercitata una querela nei suoi confronti, prosegue de Raho, cioè un meccanismo che consenta di proteggerlo a meno che risulti chiarissima una sua responsabilità, cosicché si abbia uno strumento che garantisce ai giornalisti valutazioni effettivamente rispondenti alle esigenze di una stampa libera, come vuole la nostra Costituzione.


Domenico Setola (dottore in Giurisprudenza e studioso di storia medievale e moderna)