Momenti storici complessi e di crisi ci sono sempre stati da evidenziare soprattutto l’ultimo decennio, ma come questi non credo se non dopo la 2 guerra mondiale.

Si dice che dopo le crisi, ci sono momenti di risveglio, ripresa economica e sociale, sarà certamente così, ma occorre ad essi aggiungere anche un maggiore senso di responsabilità una ripresa verso i valori fondanti di una società che in momenti come questi possa rispondere in maniera più unita e forte.

 

Quali erano le novità in programma per questo 2020?

 

La nostra è un azienda familiare che cerca di rapportarsi di continuo con la realtà che la circonda, le novità sono oserei dire, in quanto appena possibile torneremo a perseguirle; non solo legate al lavoro, quindi nuovi prodotti e servizi, maggiore attenzione verso la qualità della produzione, ma anche una serie di iniziative che hanno come base  l’aggregazione intrecciata al buon cibo alla cultura e alla conoscenza.

 

Il coronavirus vi ha costretto alla chiusura, voi avete anticipato anche le ordinanze ed avete deciso di chiudere, perché?

 

In un primo momento, abbiamo pensato di dare un po’ di normalità alla situazione surreale che ci stava capitando, continuando con la stessa energia ad offrire alla gente, momenti di piacere come il nostro lavoro chiede, ma poi all’improvviso è diventato tutto più forte e complesso, quindi il senso di responsabilità verso i nostri clienti, verso i nostri collaboratori e verso la comunità, e quella normalità all’improvviso è passata in secondo piano, e quindi la decisione di chiudere.

 

Quali i danni per il vostro settore?

 

I danni sono e saranno molteplici, sicuramente la crisi continuerà, per il semplice motivo che le norme legate ad un cambiamento di atteggiamento verso la quotidianità continueranno ancora per molto a dover essere rispettate. Questo significa no agli affollamenti, si alle distanze, si al continuo uso di dispositivi di sicurezza. A questo bisogna rispondere con un cambio di mentalità e approccio, che va verso un adattamento costruttivo delle nuove modalità che sicuramente porteranno a qualcosa di positivo. Sotto l’aspetto lavorativo bisogna quindi creare nuovi modelli di approccio al lavoro e al servizio, quindi direi che qui sta la “sfida”.

 

Siete stati i primi a proporre l’iniziativa “zeppola day” di cosa si tratta?

 

Il 19 marzo in Italia e quindi non solo nella nostra amata Afragola è festa; festa dei Giuseppe dei papà ma anche un po’ di noi tutti.

Non avendola potuta onorare come tutti gli anni, quest’anno non solo insieme agli altri pasticceri italiani abbiamo aderito alla giornata della “zeppola” a cui seguiranno tante cose simpatiche, ma siamo stati con i nostri amici sui social condividendo ricetta e video/tutorial della nostra famosa zeppola con lo sforzo dei nostri collaboratori, e abbiamo creato un contest con premi in modo da creare un buon motivo per far #restareacasa le persone in quanto in questo momento risulta doveroso; ma anche trascorrendo quindi una giornata in cui loro e non noi pasticceri potessero onorare la festa con la preparazione di bellissime zeppole.

 

Quando riaprirete quale sarà la prima cosa che farete?

 

La nostra è una attività che va verso il centenario, per cui tocchiamo diverse generazioni del nostro territorio, la volontà sicuramente è quella di stare e incontrare le persone a noi vicine i nostri amati clienti ma anche i colleghi e le istituzioni, sicuramente sarà una giornata “speciale” in cui con l’operosità che ci ha sempre accompagnato ritorneremo a creare e donare momenti di felicità.