“IO SO e HO LE PROVE”

(la conversione di un ex-manager bancario)

liberamente tratto dall’omonimo libro di VINCENZO IMPERATORE

testo | regia | con GIOVANNI MEOLA

e con | musiche originali di DANIELA ESPOSITO

ass.te alla regia Annalisa Miele

regista assistente | costumi Chiara Vitiello

scenografia Monica Costigliola | Angelo De Tommaso

foto di scena Nina Borrelli

ufficio stampa Paola Amore | Gabriella Galbiati

durata 75’ circa

Il libro di Vincenzo Imperatore ‘IO SO e HO LE PROVE’, con svariate decine di migliaia di copie all’attivo, è stato uno dei casi letterari della passata stagione. Lo spettacolo, libero adattamento dal titolo omonomo, racconta la ‘conversione di un ex-manager bancario’ che, dopo un quarto di secolo al servizio della più importante banca italiana, ne è uscito denunciandone tutte le nefandezze, comuni all’intero settore bancario nazionale ed internazionale negli ultimi due decenni. In questo monologo non ci sarà, però, un solo corpo in scena, bensì due: affianco all’attore, una musicista e rumorista, nonché attrice muta. La messinscena diventa così un racconto per corpo e parole ma anche per suoni e rumori, un incontro a volte sopra le righe, altre volte ironico, altre ancora serrato e diretto. ‘IO SO e HO LE PROVE’ non è quindi del tutto un monologo, la sua drammaturgia scenica si avvale di un’altra presenza in grado di incarnare in maniera più o meno indiretta, attraverso suoni, vocalizzi, e composizioni musicali originali, personaggi e ‘segni’ che l’epopea dei due decenni di esuberanza e scelleratezza bancaria senza freni ha creato, andando poi a sbattere nella grande crisi del 2008. Un lavoro urgente, in questo momento storico,
nel quale migliaia di risparmiatori devono fare i conti con i default dei loro istituti bancari.

Enzo, di estrazione popolare ma ambizioso, si trova al posto giusto nel momento giusto: la deregulation del sistema bancario. In questo modo, fa carriera e soldi per più di vent’anni. Poi…la conversione. Che, come tutte le conversioni, è irta di ostacoli, contraddizioni, difficoltà. Ma Enzo è ostinato e vuole diventare un uomo diverso e perciò crea un’azienda che difende dagli abusi delle banche. Così ora si trova ad accompagnare un suo cliente, un imprenditore vessato dalla propria banca ma che ha bisogno vitale di un fido, ad un incontro con una funzionaria piacente, alta e snella, una di quelle ‘serial- killer’ per le quali lui, da manager, stravedeva (‘…perché le femmine sanno come far mettere una firma molto più di noi uomini’). Enzo riuscirà ad evitare al suo cliente la sorte che lui, inesorabilmente, faceva fare invece, a parti invertite, a imprenditori come quelli, contribuendo così alla distruzione dell’economia reale ? “La drammaturgia di Meola si sofferma costantemente sulla denuncia della condizione di apparenza, intesa come copertura e travestimento che caratterizza le famiglie italiane degli ultimi vent’anni, o meglio la cosiddetta media borghesia. Al centro della scena una sedia-trono, l’altare di questa nuova religione del denaro che rende schiavi allo stesso modo, ma con modalità differenti, sia i bisognosi che coloro che speculano sul bisogno. Il gioco di luci e di atmosfere caratterizza i momenti in cui il rito religioso incombe ed inquieta, soprattutto perché il nuovo dio da venerare è definite “Mamma Banca”. Dal punto di vista teatrale riscopriamo in Meola un ottimo attore, forse a lungo sopito e oscurato dal ruolo di regista e drammaturgo. Un plauso va a Daniela Esposito che riesce a coniugare i momenti musicali e quelli ironici, nonché le interpretazioni da personaggio muto, ma fortemente espressivo, presentando in scena un’artista elegante ed eclettica.” (Dramma.it | E.Ferrauto)

 

’Di-ret-to-re, di-ret-to-re’. Il refrain resta in mente anche dopo qualche giorno. Perché occorrerà del tempo prima che lo spettacolo scivoli addosso e vada via. È Giovanni Meola a mettere in scena questo monologo che ti entra nello stomaco e non ti lascia più, con la splendida seconda voce di Daniela Esposito, formidabile attrice e strumentista che accompagna il protagonista sottolienando con diversi suoni i momenti – ora grotteschi, ora drammatici – della vicenda. Una sintesi crudele quanto efficace e, ahinoi, realistica del sistema creditizio. Esempio di teatro civile come quello che Paolini portò in scena con la tragedia del Vajont. E che in TV qualcuno dovrebbe mandare in onda in prima serata. In passato solo Ricucci (uno dei ‘furbetti del quartierino’), in una memorabile puntata di Matrix, ha spiegato con altrettanto dovizia di particolari il sistema bancario. Senza però, ovviamente, raggiungere le vette di lirismo di Meola che è abile, grazie alla sua compagna di scena, a stemperare il tutto con note dissacranti. Meola non arretra e non fa sconti nemmeno al protagonista mentre lei scandisce i momenti chiave con i suoi strampalati quanto efficaci strumenti rudimentali e una mimica mai banale.”

(Il Napolista | M. Gallo)

 

“Se la drammaturgia rende merito al libro da cui è liberamente tratta, l’interpretazione rende merito alla drammaturgia, nella singolare capacità di fare di una complessa vicenda a più voci un monologo che non annoia, con tanti personaggi concentrati in un solo attore e in una brillante musicista/rumorista. Notevole la capacità dell’interprete di mantenere costante l’attenzione nonostante la tematica complessa e qualche termine di alta finanza estraneo ai più. Una chicca la partecipazione di Daniela Esposito, che correda il contesto di un’ironia irriverente ma mai inidonea, facendolo col supporto, oltre che di un’efficace mimica facciale, anche di originali oggetti di scena che diventano straordinari strumenti musicali in grado di creare l’atmosfera adatta alle differenti circostanze raccontate e di dare voce (ma senza mai usare la voce) a impiegate e funzionarie spietate o clienti e imprenditori sofferenti. Un teatro fatto di suoni, luci e poco altro: due bravi interpreti, un buon soggetto e una regia assai curata. Bello, quando il teatro fa il suo lavoro.”

(la Cooltura | L.Laezza)

“Lo spettacolo ripercorre con ironia e dovizia di particolari, alternando ai monologhi rapidi e frenetici di Meola, i suoni e i rumori della fisarmonicista, che a tratti diventano veri e propri personaggi in scena, la carriera dell’ex-manager Vincenzo Imperatore, la cui vicenda umana ispira liberamente l’intera operazione. Grazie a tutte le circolari, brochure e direttive inviate via mail dai suoi capi e meticolosamente conservate per anni, Imperatore non solo sa ma ha anche tutte le prove di questa condotta bancaria che ha vessato per anni clienti ignari, decidendo così di mettere tutto nero su bianco, denunciando ed auto-denunciandosi. Con un linguaggio tecnico ma comprensibilissimo, serrato, ritmato, mimato e accompagnato da musiche e suoni, lo spettacolo, vero e proprio esempio di teatro civile, ci fa diventare più consapevoli di una realtà sulla quale magari non ci siamo mai soffermati ma che è – ahinoi – estremamente vicina e protagonista delle nostre vite.”

(Quarta Parete | I.Bonadies)

“Meola firma il libero adattamento del saggio omonimo e ne firma la regia, raccontando mirabilmente il percorso umano del bancario attraverso la parola teatrale. Anche interprete, è accompagnato in scena dalla talentuosa Daniela Esposito, musicista/rumorista che con suoni, vocalizzi, gestualità, fa da contrappunto al protagonista dando corpo ai personaggi che il manager incontra sul suo percorso. Una storia spietata, che racconta dell’invito delle banche ai clienti ad acquistare da loro persino diamanti nel nome del profitto sempre più bulimico. Poi, il rimorso e la conversione. Se Pasolini non apparteneva al mondo (politico) che denunciava senza requie, il protagonista di questo lavoro era quel mondo. Ma invertire la rotta è sempre possibile e Meola, autentico joker in scena, cinico, spietato, beffardo, mostra come sia possibile questa inversione a ‘u’.”

(NT Notizie Teatrali | M.Galli)

“La materia che ha incuriosito l’autore e regista è assolutamente ostica. Eppure le ripercussioni di queste dinamiche, lontane dalla portata di molti, si ripercuotono nella vita di tutti. Un motivo più che valido per plasmare l’analisi in sostanza artistica e offrirla in pasto ad un pubblico altrettanto curioso ma totalmente a digiuno di nozioni d’economia e finanza. Proprio per questo il lavoro di Meola, che cura drammaturgia e regia ed è credibile interprete nei panni del ‘bancario pentito’, potrebbe sembrare un’azzardo. Invece, l’impianto narrativo e registico si affida ad una scelta accattivante e assai efficace: la suggestiva performance di Daniela Esposito, musicista, sul palco assieme al protagonista, che ne scandisce le emozioni, servendosi di strumenti sempre diversi, dando respiro ad una sorta di ‘sonoro umanizzato’ in perfetto contrasto con la disumanità del sistema.” (Spaccanapoli | M.Iacobucci)

“Meola si fa interprete ed impeccabile portatore di una voce, o meglio di una verità alla quale molti, troppi, sono ancora sordi, ed in modo estremamente semplice e disarmante rende più fruibile e dilagante possibile il concetto di come l’inganno venga perpetrato ai danni dei propri, a volte ignari, a volte semplicemente bisognosi, correntisti, privati cittadini o imprenditori. Il protagonista è affiancato e sostenuto da una musicista che incarna i diversi personaggi, la quale, con i suoi curiosi suoni e rumori, arrangiati strumenti e acuti vocalizzi, stempera lo spettacolo scandendo termini e momenti topici del monologo conferendogli un’efficacia misto di comicità, amarezza e crudeltà.”

(Il Roma | M.Mandico)