“La lotta nel campo materiale e nella sfera spirituale è l’impegno più alto e la ragione della mia vita. La luce della verità, diceva mio padre, risplende negli atti e non nelle parole”.

Adriano Olivetti è stato
imprenditore, industriale, editore, intellettuale.
È stata una delle figure più singolari e del Novecento. Il suo progetto di riforma sociale in senso comunitario, costruito attorno all’identità tra progresso materiale, efficienza tecnica ed etica della responsabilità, è oggi riconosciuto come uno tra i modelli più moderni e avanzati di sostenibilità.
Importanti sono state anche le sue attività di carattere sociale, assistenziale, culturale e ricreativo in relazione con gli insediamenti industriali della sua società.

Quando ho visitato, per la prima volta, la fabbrica del Commendatore Nino Marino, patron di Delta, mi è sorto immediatamente d’istinto questo parallelo con il grande Adriano, seppur con le dovute distinzioni riguardo il periodo storico, le distinte condizioni sociali e culturali di due epoche, di due mondi diversi.

Conosco Nino da svariati anni, un gentiluomo d’altri tempi, cordiale, distinto, generoso, un cultore di estetica dei comportamenti, mi verrebbe da dire.

Ascolto dalla sua viva voce: “era l’anno 1978 ed in quel tempo ancora studiavo, uno studente iscritto alla Facoltà d’Ingegneria di Napoli, l’ateneo napoletano che sfornava ogni anno i migliori tecnici ingegneri d’Italia”. Nino studiava e lavorava sempre con lo sguardo attento dell’uomo arguto e saggio che sa interpretare i cambiamenti in atto, cogliendo e sapendosi aprire alle nuove sfide dei tempi, sia di quegli anni, sia del recente passato remoto, perché Nino ha la capacità rara di avere una visione chiara e totale, non solo dei mercati nazionali e internazionali ma anche della tecnica, dei materiali che – con la continua innovazione tecnologica – vanno “inseguti” nel movimento impetuoso del tempo, cogliendone le molteplici possibilità, aperture ideali e concettuali trasfuse poi nella prassi del lavoro manuale sempre più specializzato, nelle forme, nei dettagli, nella cura del perfetto funzionamento di una penna.

Dal primo capolavoro avveneristico per l’epoca, la “estrema” realizzata in fibre di carbonio, alla penna realizzata per il papato di Ratzinger, custodita nei musei vaticani, alla realizzazione di migliaia di esemplari in occasione del G7 tenuto a Napoli nel 1994, per i giornalisti accreditati provenienti da tutte le parti del mondo.

Non basterebbe un libro per raccontare la straordinaria parabola di un uomo di ingegno dei tempi contemporanei, un uomo prima di tutto e proprio per questo divenuto, col tempo, icona del made in Italy, per il settore, in ogni parte del mondo.

Domenico Setola (dottore in giurisprudenza e studioso di storia medievale e moderna)