di Carla Rocco

 

Il periodo socio-economico in cui viviamo appare come un “nonsense”, decreti del governo si accavallano con ordinanze regionali e comunali, dalla libertà di movimento siamo passati al timore di fare un passo, in opera e virtù del covid-19, che a distanza di 8 mesi è al centro di discordie e disordini sanitari. L’individuo, al centro di ogni azione politica, si ritrova nel vortice dell’incertezza, intrappolato nel presente dal un futuro incerto, anche sognare sembra contagioso o peggio incauto.

Abbiamo incontrato la Dottoressa Nunzia Costanzo, specializzata in psicoterapia a indirizzo fenomenologico, per approfondire alcune dinamiche della psiche umana in questo periodo.

 

Quale effetto, questo secondo periodo di restrizioni, provoca sulla psiche delle persone?

Credo che la categoria maggiormente colpita dalle restrizioni, soprattutto in Campania, siano i giovani e i bambini. A noi adulti hanno tolto poco, ci hanno concesso di continuare a lavorare, sebbene alcune categorie non siano mai “risorte” dallo smartworking, del precedente periodo di lockdown, e si sa la vita di noi adulti è quasi solo lavoro, per cui per noi forse è cambiato poco, forse non abbiamo più la libertà di poter sedere al bar con un amico a rilassarci dopo l’ufficio o di poter godere di una cena al ristorante, poca cosa in confronto a quello che hanno tolto ai giovani, ossia, la libertà di aggregazione. Quando parlo di aggregazione non parlo di assembramenti e di orde di ragazzini senza mascherine in giro per la città, attenzione! Parlo di socialità, gli adolescenti così come i giovani adulti si sono ritrovati per la seconda volta in un anno, (a distanza di pochi mesi dalla prima, tra l’altro) nuovamente a svolgere la totalità della propria vita attraverso lo schermo di un computer. Se solo pensiamo a quanto sia importante andare a scuola e questo vale anche e soprattutto per i bambini, a quanto la scuola sia foriera di lezioni di vita oltre che di grammatica e letteratura, quante cose abbiamo imparato a scuola? Io personalmente, che di mestiere mi occupo di relazioni interpersonali, e soprattutto di fenomenologia delle relazioni interpersonali, posso dire di aver appreso il modo di essere nel mondo proprio tra i banchi di scuola. Ho imparato l’attenzione per l’altro e il suo vissuto nelle confessioni fatte in bagno dalle amiche, mentre fumavamo di nascosto, ho sviluppato l’empatia ogni volta che qualcuno mi ha parlato di un suo problema e io l’ho sentito mio, ho esercitato il rispetto e l’equità nelle esposizioni orali dei progetti di gruppo. Tutte queste cose i ragazzi di oggi non le possono fare e non c’è tecnologia che possa restituire loro, soprattutto ai bambini che sono proprio ora in procinto di avviare il loro percorso di sviluppo e crescita personale, il vissuto emotivo e l’esperienza (pratica e non) che c’è dietro il frequentare le lezioni in presenza e le attività extracurriculari.

La conseguenza di tutto questo è sicuramente una maggiore fragilità emotiva, soprattutto negli adolescenti i quali tendono a rinchiudersi nelle loro stanza presi da video lezioni, videocorsi di danza e chitarra e tutto ciò che prima era fonte di dialogo e condivisione, adesso è un’ulteriore passo verso la chiusura in sè stessi ed in una realtà virtuale che potrebbe poi sostituire definitivamente quella tangibile, anche dopo la fine della pandemia. La verità è che ci sentiamo tutti soli anche quando siamo in mezzo agli altri, ma adesso che qualcuno ci ha vietato di vedere l’altro siamo costretti a vedere noi stessi e a fare i conti con la sofferenza, il senso di smarrimento e la solitudine che ciò comporta.

 

Quale elemento è il più destabilizzante? Covid-19 in sè, incertezza economica o altri fattori?

L’elemento apparentemente più destabilizzante è l’incertezza di questo periodo storico. La paura del contagio cresce parallelamente alla curva dei contagi, ormai le persone hanno paura di ammalarsi, di non essere curate, di non poter avere accanto i propri cari se dovessero essere ricoverate in ospedale. Le persone hanno paura di morire da sole, lo so, un’affermazione del genere è forte ma tremendamente vera. Possiamo affermare, in maniera più generale, che la solitudine fa paura quanto il restare senza lavoro. La situazione economica non è delle migliori, anzi, siamo a un passo dall’implodere su noi stessi. Le persone manifestano apertamente un disagio legato alla diminuzione del lavoro, all’impossibilità di pagare il mutuo della casa, all’attesa di una cassa integrazione che sembra voglia arrivare addirittura dopo Godot, ma la verità è che è lecito arrabbiarsi, urlare, combattere e manifestare per questo, ma non è lecito farlo solo se si ha paura di impazzire per questo. Credo che nelle manifestazioni di massa avute a fine ottobre, molte delle quali sfociate in vere e proprie rappresaglie, ci sia una dimensione latente di paura non apertamente manifestata, la paura di perdere il contatto con sè stessi e la propria razionalità, la paura di non riuscire a rialzarsi dopo questa ennesima caduta, la paura di non ricevere aiuto semmai avessero la forza e il coraggio di chiederlo.

La verità è che la gente teme per la propria salute psichica, ma questo non si può dire, altrimenti c’è chi li crederebbe già pazzi.

“[…]nelle condizioni di una società di massa o di un isterismo di massa[…]gli uomini sono divenuti totalmente privati, cioè sono stati privati della facoltà di vedere e udire gli altri, dell’essere visti e dell’essere uditi da loro. Sono tutti imprigionati nella soggettività della loro singola esperienza, che non cessa di essere singolare anche se la stessa esperienza viene moltiplicata innumerevoli volte.” H. Arendt

Quale possibile soluzione propone per coloro che soffrono di disturbi psichici?

La stessa che propongo per chi si sente fragile e per chi invece è convinto di star bene con sè stesso e col mondo: non smettete mai di guardarvi dentro, non smettete mai di interrogarvi sul significato dei vostri pensieri e delle vostre emozioni e se, qualcosa vi dovesse impensierire non abbiate paura di chiedere aiuto attraverso i canali che maggiormente si adattano alle vostre esigenze (sportelli d’ascolto, consultori, sedute di psicoterapia etc).  La psicoterapia è un viaggio dentro di sè, in zone nascoste, tortuose, buie… se si vuole accendere una candela per far luce ma non si ha un fiammifero chiederlo all’altro non è sbagliato, far luce sulle proprie zone d’ombra attraverso l’aiuto di un esperto non fa di noi persone malate, sbagliate o strane, fa di noi persone coraggiose.

La dottoressa Nunzia Costanzo opera a Frattamaggiore, più di uno studio è un vero e proprio ristoro dell’essere, l’Amore è la spinta che muove gli ingranaggi della sua professionalità.

La ringraziamo per questo incontro nella certezza che i nostri lettori mettano in pratica i suoi preziosi consigli.