Intervista a Valeria Bassolino – psicologa
Il Coronavirus quali danni potrà lasciare quando andrà via?
Non è facilmente prevedibile quali disagi psicologici affronteremo, perché siamo ancora in una prima fase di osservazione e studio dei processi in atto. Osserviamo come certe condizioni di grave difficoltà si esasperano, i nostri disagi latenti si manifestano e ci troviamo nella condizione di dover in qualche modo gestire un’urgenza.
Il COVID-19 ci ha, nostro malgrado, costretti ad adattarci ad una nuova realtà, estremamente complessa. Mi sembra che questo movimento si stia sviluppando per fasi; attraversiamo delle tappe di adattamento ed elaborazione di un vissuto che contemporaneamente si realizza fuori e dentro di noi.
Oggi viviamo una fase che con ogni probabilità potrebbe definirsi di schock. Di fronte a circostanze particolarmente forti e dolorose, dapprima ci sentiamo persi, confusi.
Il primo disagio che le persone hanno dovuto gestire, dall’inizio di questa pandemia, è stato una sensazione di angoscia, più o meno latente, cui hanno fatto seguito principalmente due reazioni inconsapevoli e automatiche: la negazione del problema (meccanismo di difesa psicologico ben noto agli psicoterapeuti) e il catastrofismo, che si è drammaticamente manifestato nei comportamenti collettivi, portando alla ricerca disperata di presidi sanitari, all’assalto ai supermercati, a un’impennata nei livelli di ipocondria.
Le difficoltà di adeguarci al cambiamento, e il conseguente stravolgimento delle mappe comportamentali e di pensiero, ha in certi casi provocato vissuti di frustrazione e impotenza che spesso sono scaturiti o in reazioni rabbiose oppure in emozioni di rassegnazione e stati depressivi. Da un punto di vista psichico ed emotivo ciò conduce al manifestarsi di una sensazione di disorientamento, sia lavorativo e sociale che affettivo.
Ci siamo ritrovati catapultati di colpo in uno spazio e un tempo nel quale tutte le nostre conoscenze si sono dimostrate inutilizzabili. La nostra psiche ha perso la capacità di configurare la realtà nella quale siamo stati proiettati e di anticipare quello che potrebbe accadere. Stiamo, così, cercando di muoverci rapportandoci di giorno in giorno con ciò che c’è attorno, con quel cambiamento che sembra non esserci e invece c’è. Sarà proprio la rielaborazione di nuovi contenuti la sfida, per certi versi anche affascinante, che dovremo affrontare.
In termini generali, invece, mi sento di fare una valutazione più ampia. Pur nella estrema difficoltà che questa sospensione impone, mi pare che questo periodo abbia in sé la possibilità di una grande ricchezza. Se fuori è tutto fermo, dentro di noi possono accadere movimenti proliferi, potenzialmente trasformativi.
Come superare questo periodo?
Sappiamo che, con ogni probabilità, il ritorno alla realtà, così come la conosciamo, non sarà immediato. Sarà necessario concedersi un tempo per ritrovare dentro di noi le strategie da mettere in campo.
In questa stasi della quotidianità, diventa necessaria la ricerca di novità nei momenti di isolamento. E’ importante cercare stimoli e lasciarci incuriosire, anche se siamo costretti a casa. Immergerci in azioni piacevoli ha il vantaggio di attivare un processo di pensiero più calmo, una mente più libera. A seconda dell’attitudine di ognuno di noi, nel rispetto della nostra natura, vanno bene i lavori manuali piuttosto che la lettura, la meditazione o le chiacchiere al telefono con le persone che non abbiamo tempo di sentire nell’ordinario. La piacevolezza sana è legata alla cura, al prendersi cura di sé, approfittando di questa ritrovata lentezza per ascoltarci e fare esperienza di quello che ci piace. Nel protrarsi però di una condizione di isolamento, molte attività legate alla novità della situazione si esauriranno, cominceranno a perdere interesse. Il problema allora diventa il rischio di sfogare un disagio contro le persone che ci stanno accanto. Per questo è necessario curare il proprio equilibrio psicofisico, reggendo e, se possibile, trasformando il vuoto e la noia.
Nella mia esperienza professionale, ho imparato che quando siamo in piena difficoltà è importante parlare di quello che stiamo sentendo, dare voce ai nostri vissuti profondi che, altrimenti, rimangono incistati dentro di noi e non possono essere elaborati. Parlare ci aiuta a pensare, ad elaborare i nostri vissuti e ad esprimere le nostre emozioni. La cosa importante è dare valore e dignità a quello che proviamo. E’ essenziale riconoscerci che le nostre emozioni non sono sbagliate o strane ma che si tratta di una reazione naturale ad un evento straordinario.
Quali consigli per farsi compagnia in questa quarantena?
Mi piace questa domanda, perché in questo ‘farsi’ compagnia c’è la parte più interessante, quella che credo sia una chiave di lettura importante. ‘Farsi’ compagnia, appunto, fare compagnia alle persone che amiamo ma prima di tutto ‘fare compagnia a sé’. E’ la cosa più importante e, probabilmente, la cosa più complessa e difficile.
L’essere presenti si declina in molti modi, ma è essenziale partire da una valutazione primaria: non possiamo esserci veramente per gli altri che amiamo, se non partiamo da noi stessi; se non ci diamo spazio, ascolto, comprensione, amorevolezza. Contrariamente, ci svuotiamo e ci accorgiamo che siamo costretti a sforzarci. E sappiamo che con sforzo possiamo ‘costringerci’ per un po’, ma sarà tale la frustrazione che ne deriverà che probabilmente ci porterà ad una regressione e a una chiusura inevitabili.
Naturalmente, incontrando il nostro mondo interno ci mettiamo davanti ad emozioni che non sempre sono piacevoli. Questa emergenza ci mette di fronte a sentimenti che nell’ordinario tendiamo ad evitare, come l’impotenza. Siamo costretti ad accettare che siamo impotenti di fronte allo scatenarsi di eventi più grandi i noi. Ma che vuol dire accettare? L’accettazione è molto diversa dalla rassegnazione. Accettare non è subire, ma ha a che vedere con la possibilità di fermarci e guardare. Guardare tra le pieghe, permetterci di portare lo sguardo oltre le limitazioni cui siamo costretti e vedere quanto tutto questo ci sta dando. Quante straordinarie possibilità di apprendimento e di crescita stiamo avendo. Questo momento così complesso ci sta togliendo tanto, ma a ben guardare, ci sta anche dando tanto. Paradossalmente, quindi, se riusciamo ad accettare quello che stiamo vivendo, possiamo ritrovare dentro di noi la gratitudine per quello che abbiamo, che riceviamo e che diamo spesso per scontato, lasciando che la vita perda di senso.
Che consigli può dare ai nostri lettori?
Dirò una cosa difficile: stare nel presente.
Sembra evidente, ma se ci riflettiamo ci accorgiamo che questo accade davvero di rado.
La nostra mente tende a stare nel passato o nel futuro. Nel primo caso, restiamo bloccati in un tempo che non è più, attaccandoci ai rimpianti, alla mancanza, alla tristezza; nel secondo caso, ci proiettiamo continuamente in avanti, in un tempo che non è ancora, nei progetti, nelle preoccupazioni, rimanendo incastrati in un’ansia angosciante e paralizzante. In entrambi i casi, non viviamo il presente. Quindi, non viviamo veramente la vita.
Mi viene in mente un insegnamento di Claudio Naranjo, che dice: “Se sentissimo che stiamo per morire, saremmo delle persone migliori, non saremmo tanto narcisisti. Se sapessimo che manca poco alla nostra morte, ci godremmo di più il tempo che abbiamo. Se davvero lo sentissimo, forse ci dedicheremmo un po’ di più a quanto non è mera sopravvivenza e comodità, o al denaro o alla posizione; andremmo alla ricerca delle cose più profonde della vita”.
Abbiamo la grande opportunità di riprendere a vivere con la consapevolezza della vita. Possiamo cogliere questa occasione per restituire alla nostra vita autenticità e valore.
Ricordiamoci che ogni problema impone l’obbligo di cercare una soluzione e questo rappresenta l’opportunità di creare un nuovo futuro, una via da percorrere, magari insperata, per ripartire. Come psicoterapeuta ho imparato che i grandi cambiamenti che portano al rinnovamento di una persona iniziano dai momenti di crisi. Al di là delle difficoltà evidenti, esiste la reale possibilità di una ridefinizione della nostra vita, sia interiore che sociale.
Per chi in questo momento sentisse il bisogno di aiuto, sono stati attivati moltissimi interventi su tutto il territorio. L’associazione “Psicologi per la responsabilità sociale” sta aiutando le persone via web e al telefono. Per richiedere una consulenza psicologica gratuita, bisognerà inviare una mail a psicoresp@gmail.com. Oppure, è possibile contattare i numeri forniti dall’iniziativa “Città solidali”.