di Carla Rocco

 

Eravamo lontani e soli ma non riuscivo a sentirmi libera, qualsiasi cosa mi dicessi non riuscivo a prenderti sul serio, il pensiero oscillava tra il sogno e l’inganno. Durante una fermata forzata a Napoli, mi chiedesti un figlio ed io con irriverente strafottenza non persi l’occasione di ferirti, eppure lo volevo, un figlio, anzi lo desideravo uguale a te, ma non mi fidavo, avevo tanta paura, a volte anche di te, ciò nonostante non riuscivo a lasciarti andare. 

Finalmente arrivammo a Siracusa, ormai era buio, stremati entrammo in una casa piccola e accogliente.  Prima di cenare posammo le borse nella camera dove avremmo dormito. Il materasso aveva ancora il cellophan, eravamo stanchi, sistemare le lenzuola sembrava un’impresa dai mille sforzi. Dopo cena tornammo in camera smarriti e tesi  non sapevamo cosa volessimo l’uno dall’altro. O meglio, forse volevamo le stesse cose, ma non siamo stati in grado di esprimerlo. A fatica, sopraffatta dai mille pensieri, riuscii ad addormentarmi. Durante la notte fui svegliata dal freddo di quella stanza gelida, ti osservavo, eri distante, di spalle, anche nello stesso letto eravamo riusciti ad allontanarci. Mi avvicinai, avevo oggettivamente bisogno di calore, di nascosto, quasi volevo rubarti il sollievo che avrebbe ristorato il mio sonno. Sei sempre stato vigile nei miei confronti, anche in quella occasione non ti   trovai impreparato: teneramente mi prendesti la mano mi cingesti intorno a te. Fu una notte lunga, non riuscivo a staccarmi da te e la tua mano teneva stretta la mia. Muti nelle nostre paure, piccoli rispetto all’amore che ci univa, immobili. Le nostre anime si svelarono per il bisogno di intimità. Il giorno seguente eravamo diversi, qualcosa di intangibile ci aveva cambiati, passavamo dalla gentilezza alla rabbia, dalla sorpresa alla delusione in un battito di ciglia. Furono tre giorni di altalene impazzite. Soli, inermi e stretti nel buio della notte, muti al suono del silenzio, trovammo la resa dei nostri conflitti. Il ritorno a casa fu quasi un sollievo, eri troppo per me, non sarei mai stata in grado di starti vicino, non allora. A distanza di anni ripenso a quella notte, la quale ci ha segnati per sempre: accogliendo le mie freddure hai lasciato una ferita aperta che sgorga ogni qual volta che ho bisogno di qualcuno che mi sappia abbracciare, di qualcuno che non si lasci ingannare dalle mie parole. Ci cerchiamo inesorabilmente, oggi come ieri.  Non sono mai riuscita a definire cosa siamo stati, a volte, con un sorriso nostalgico credo siamo il frutto di un disegno astratto di un dio ubriaco, il quale ci ha donato solo i profumi e la tenerezza dell’amore, lasciando gli altri di pezzi in giro per la storia.