L’intolleranza è uno dei grandi mali della contemporaneità. Intolleranza per il diverso, per le difficoltà e i disagi altrui, per le idee e la libertà degli altri, per l’accettazione di un pensiero che non si allinei al singolo o ad un gruppo elitario o semplice. Intolleranza verso la complessità e le vicissitudini degli altri, spesso i più deboli, economicamente e socialmente, perché, spesso, soli. Più l’intolleranza attraverserà il pensiero degli individui scavando solchi ed erigendo muri più la società sarà destinata a decadere dal punto di vista morale, dell’etica pubblica, dell’economia, del benessere collettivo. Più l’intolleranza accrescerà i livelli di controllo e dominio, più la cultura e la democrazia saranno destinate a svilirsi fino a divenire futili e vuote parole, simulacri di cera che si scioglieranno sotto i colpi della tirannia dei singoli gruppi di potere. Nella storia dell’uomo, l’intolleranza è stato il criterio che ha condotto a massacri di intere gruppi, etnie, minoranze, una vera e propria piaga del genere umano nella convinzione che vi possa essere un solo modo per risolvere o regolare questioni religiose, politiche, sessuali. Solo la tolleranza, invece, può creare un concerto di voci, spinte ideali, prospettive che confrontandosi apportano una armonia costituita da più elementi, strumenti, indispensabili per evitare il predominio di uno su tutti nell’uniformità assolutistica che non rispetta le convinzioni degli altri, mettendole a tacere ad ogni costo. Una società vive ed è destinata ad evolvere solo attraverso il mutuo scambio di idee e apporti diversificati, non dimenticando che la tolleranza illimitata, estesa ad una maggioranza di intolleranti provoca la distruzione di ogni tipo di flessibilità e pluralismo.
Domenico Setola