Dallo scorso 7 marzo la Giustizia italiana è quasi ferma.
Il coronavirus ha bloccato il lavoro dei giudici, degli avvocati e dei cancellieri, con l’eccezione dei processi indifferibili, come disposto dal decreto Cura Italia. Si prevede che i tribunali riprendano la loro attività il giorno 12 Maggio 2020, anche se è stato dato a tutti i presidenti dei vari Tribunali, ampio margine di scelta fino al 30/06/2020, ma ciò non ha scongiurato la paralisi del sistema, nonostante le prime iniziative già prese dal settore giustizia il quale sta prendendo spunto ed estendendo una disposizione prevista dal decreto Cura Italia, che consente la partecipazione a qualsiasi udienza delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare «mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto. I modi in cui il foro intende sopperire a questo e al periodo successivo all’emergenza sono sia virtuali sia cartacei.
Le linee guida del Consiglio superiore della magistratura, nel civile, prevedono anche delle procedure scritte. Il giudice in questo caso dispone che l’udienza venga svolta con provvedimento telematico, assegnando congruo termine, eventualmente differenziato per ciascuna parte, per il deposito telematico delle note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni. A ciò segue, dopo avere stabilito la data dell’udienza, la deposizione da parte dei difensori delle note di “trattazione scritta” e lo svolgimento degli atti. Fino alla sentenza, puramente in forma cartacea e nei formati ammessi dalla normativa.
«Prima dell’emergenza, va ricordato, era in atto il dibattito sulla riforma del processo e della prescrizione, sia per il civile sia per il penale. L’implementazione del processo tecnologico e quello della digitalizzazione degli uffici, tuttavia, metteranno in secondo piano quelle riforme che nascono teoricamente per accelerare tutti i procedimenti di giustizia.
Ma è opinione ormai della maggioranza degli addetti ai lavori, che una migrazione tecnologica avrà quindi bisogno di tempo,
Infatti le misure emergenziali adottate per il processo penale hanno tuttavia riscosso aspre critiche da parte dei diretti interessati. L’Unione delle Camere Penali Italiane, l’organizzazione che rappresenta gli avvocati penalisti, in una lettera indirizzata al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ha sottolineato «l’assurdità semplicemente inspiegabile» di tali misure, in quanto «destinate a stravolgere il processo ed a violarne le regole basilari più sacre e secolari».
Ma bisogna ricordare che ci sono materie e settori per le quali il rapporto e il contatto “fisico” tra professionista e cliente rimarrà sempre necessario (ad esempio per i diritti personali, famiglia, minori).
A mio avviso sono convinto che il rapporto personale non verrà mai meno, e la figura dell’Avvocato sarà sminuita, solo se il processo continuerà a prendere la via telematica, in quanto viene meno il rapporto intuitus personae cliente – avvocato, e anche il rapporto avvocato – giudice e controparte non avrà quella peculiarità tale che oggi lo caratterizza.
Segretario dell’Associazione Forense
Avv. Ernesto Castiello