Stimolato dalla lettura di un bel libro di poesia e da un colloquio con un caro amico, pensavo ai libri “facili”. A mio modesto avviso, i libri facili non hanno fatto altro che contribuire all’abbassamento del senso critico, culturale e intellettuale del lettore medio italiano. Quali caratteristiche hanno i libri facili? La banalizzazione dell’oggetto e dei soggetti, l’approccio parziale a temi complessi, l’uso di un linguaggio artificioso e, non di rado, sterile, per coprire il vuoto, rivestire con una patina di supposta eleganza un fondo che altrimenti sprofonderebbe. La ripetitività, il tentativo estremistico di autoconsacrazione.
Leggere, forse, è un mestiere più difficile della scrittura, ha bisogno di sacrificio, di lentezza che si impone, e forse anche questo contribuisce alla diffussività di “testi di consumo” che si possano archiviare nel giro di poche ore. Le mie sono parole che non hanno alcuno scopo estrinseco al mio pensiero di lettore, né vogliono colpire alcuno, ma semplicemente rivendicano una libertà di espressione sul panorama editoriale che ci circonda. Se un libro complesso impegna il pensiero ciò è un bene per tutti perché accresce la libertà di discernere criticamente le idee liberandole e rendendole autonome, contribuendo alla pluralità e al confronto. Solo ciò è in grado di determinare l’innalzamento del livello culturale e sociale di una società, di individui e gruppi.

Domenico Setola