Provare a mettersi nei panni degli altri. Uno dei tanti luoghi comuni, forse uno dei pochi che ancora possono insegnare qualcosa. Sentire l’altro per uscire dalla propria sfera nell’incontro emotivo è atto di partecipazione, compassione. Senza l’altro che è sempre il volto diverso di noi, mancheremo di scoprire la ricchezza e le varie sfumature della vita, cammino dell’esistenza a cui tutti siamo chiamati. Qualunque tipo di diversità possa contraddistinguere gli uomini, tendere lo spirito all’ascolto dell’altro può aiutare a comprendere meglio anche noi stessi, esercizio di sacrificio che alimenta e nutre quando la chiusura impedisce ogni tipo di crescita personale. L’ esperienza diventa sensibile quando c’è corrispondenza, non necessariamente accordo. Imparare a guardare gli altri mi ha fatto crescere, in modo alquanto inaspettato. Imparare a sentire l’altro non è sottomettersi al suo dominio ma capire che il diverso da noi può avere sempre qualcosa che ci appartiene, sottraendoci ad un pensiero egocentrico che è destinato ad inaridirsi. In una società conflittuale dove dominano criteri di alta competitività e primato della performance individuale, potrebbe essere utile ripensare I paradigmi delle relazioni, possibilmente rovesciandoli, per trovare una chiave di comunicazione che possa creare alleanze e non schieramenti che si guardano da lontano, arroccati nelle loro certezze e nei loro principi pronti ad essere lesi da chi sta dall’altra parte. I panni dell’altro sono e saranno, prima o poi, i nostri, in varie modalità, tempi e circostanze che spesso non riusciamo a cogliere perché non le conosciamo o non vorremmo conoscerle. Non uso termini di solidarietà, di avvicinamento ideologico, parlo semplicemente dell’uomo nella sua singolarità che lo connota nel riconoscimento dell’altro. Senza questo riconoscimento, ogni pensiero, idea, prospettiva, sono destinati a chiudere ogni possibilità di futuro, in ogni settore della vita pubblica e privata.

Ho evitato di fare un discorso intriso di citazioni, riferimenti, sarebbero innumerevoli, poiché si sottrae ad ogni tipo di valutazione e interpretazione che distorcerebbe il nocciolo della questione.

Ho evitato un linguaggio astruso ed elegante perché l’obiettivo di queste parole sia ben chiaro. Chi sente il bisogno intenso e quasi primordiale di quell’incontro, potrebbe ritrovarsi in queste parole. Nonostante le nostre debolezze ed ipocrisie, questo sforzo richiede impegno e chiama per essere ascoltato, aprendosi alla complessità dell’esistenza, nostra, di tutti.

Domenico Setola