Cosa è la poesia o cosa potrebbe essere, forse la forma migliore e più felice di porre e porsi la domanda, è quest’ultima

Volendo partire da un campo definitorio necessariamente generale, poiché entrando nel particolare già si annuncerebbe la pretesa di una definizione assoluta della poesia, io penso che la essa vada a comprendere un àmbito che si costituisce in un evento; per evento intendo una serie di condizioni e circostanze personali, emotive, morali, di ispirazione che vanno ad instituire il rapporto con la parola.

Questa fase preparatoria innesca, poi, il moto, il movimento della parola stessa che cerca di trovare la sua strada attraverso la forma e “ciò che si intende dire”. Qui, ci sarebbe già da porsi un quesito. Ciò che noi intendiamo dire con la scrittura poetica è ciò che realmente abbiamo pensato, provato, sentito di dire? Sì e no, perché una parte di ciò che è stato è avvenuto al nostro interno, divenendo scrittura si costituisce come interpretazione, per non parlare del ricordo che è interpretazione di interpretazione quando va a definirsi sulla pagina.

Un grande poeta diceva (Paul Celan, rumeno di madrelingua tedesca) che qualunque tipo di analisi o interpretazione esegetica, letteraria, filologica, psicologica non potrà mai esaurire il campo di senso dell’oggetto da ciascuna intrapresa cosicché ci poniamo in qualche modo di fronte ad un mistero che solo in parte può essere reso palese. Scrivere un verso è già averlo perduto in qualche senso e questo moto condiziona la struttura e l’andamento fino allaultima parola o sillaba.

Cosicché, in breve sintesi si potrebbe dire alla Milo De angelis (poeta italiano vivente) che la poesia genera i suoi figli ma non vuole essere nominata.
La poesia – dunque – è come un vento che vola a metà tra cielo e terra, sopra le nostre teste e i grandi poeti come i minori, chiamiamoli così, hanno tirato giù qualcosa, aggrappandosi alla parola, magari pensando di aver detto “tutto della poesia”. Non penso sia così perché quel vento impetuoso continua ed è inafferrabile nella sua totalità. Siamo artigiani di un modo di vedere e pensare la poesia da un punto di vista necessariamente parziale.

Per il filosofo J. Derrida, il SopraNome nomina l’innominabile, e a sua volta ciò che non si può e non si deve nominare, definire o conoscere, perché dal principio ciò che esso sopranomina si sottrae, senza mantenersi, al-di-là dell’essere”.

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Al di là del nome che custodisce il segreto della sua firma, sopra di esso, ove aleggia la poesia.

“Nella sapienza del volo
l’ombra si muove;
quel nome che ora è distanza,
sconfinando da me,
sospeso è nell’aria.”

Domenico Setola