In questi ultimi giorni si è aperto un dibattito sul tema dell’utilizzo della Dad in cause che non garantirebbero la fruizione della didattica differenti dal Covid-19, principale motivo per il quale è stata istituita la didattica a distanza.

La mia breve analisi non verterà solo sugli aspetti positivi che l’utilizzo di tale strumento innovativo potrebbe apportare tanto nel presente quando nel futuro; mi soffermerò, in aggiunta, sull’analizzare i motivi per cui si è arrivati anche solo ad aprire un dibattito del genere da parte dell’opinione pubblica e non solo.

 

Personalmente, interpreto la Dad come uno strumento, che ad oggi permette, con i dovuti limiti spaziali/logici, la fruizione di servizi al pari di una struttura fisica (senza entrare nel merito della sostanza e della qualità del servizio, che per il momento dobbiamo ancora ritenere essere inferiore e pertanto valutarlo solo come strumento opzionale). La volontà di non utilizzare tale strumento fin da oggi in casi in cui la didattica convenzionale è sospesa per cause naturali/ambientali/ strutturali, mi lascia presagire una chiusura a questo metodo innovativo nel periodo post pandemico.

Ciò potrebbe scaturire da una serie di fattori: mancata propensione all’accettazione del mutamento del tessuto sociale; basso livello nazionale di alfabetizzazione informativa; concezione dello spazio ancora come dimensione fisica, quest’ultimo in realtà potrebbe essere ricompreso come ideologia scaturente dai fattori precedentemente citati. Concezioni queste che potrebbero rappresentare un peso, per l’ennesima volta nella nostra storia, per un progresso arrivato in maniera tanto inaspettata quanto incompresa.

Molti anni fa, in un libro di testo, studiai che gran parte delle innovazioni tecnologiche e degli studi annessi, di cui ancora oggi godiamo dei benefici e utilizziamo come base per ulteriori “scoperte”, provengono: dalla ricerca militare, volta a sovrastare l’avversario e da una situazione di crisi economica, volta ad una ripresa repentina di questa. Senza aprire un dibattito sul valore di tali concause di velocizzazione dei processi tecnologici, mi soffermerei a sottolineare la non novità del progresso di questi mesi da un punto di vista storico. Invitando, pertanto, a riflettere su cosa ci troviamo effettivamente oggi tra le mani e che sfruttare il Momentum, accogliendo con maggiore entusiasmo forse le uniche note positive che questo anno ci ha lasciato, potrebbe rappresentare un buon punto di partenza da cui ricominciare.

L’istruzione è il motore di un Paese che punta ad un futuro migliore, nonché unico reale strumento per perseguire la libertà personale e collettiva; ripartire da qui, con ogni mezzo utile, deve rappresentare non solo un obbligo per la politica odierna, ma un monito per i cittadini tutti.

 

A cura di Giuseppe Cuccurese