Della Prefazione di Thomas Clerc a “Neutro” di Roland Barthes c’è un particolare che colpisce, un “punctum” (come direbbe lo stesso Roland) che vive sul bordo di questi scritti, a margine, e che rappresenta – allo stesso tempo – l’eleganza e la cura per l’estetica; non solo per l’estetica come indagine filosofica che mira alla definizione e alla classificazione del fenomeno artistico, ma anche per l’ “estetica della pagina”, se così si può dire, intendendo con ciò la cura rigorosa dei manoscritti contenenti questo corso tenuto al Collège de France, in 180 pagine scritte con inchiostro blu su fogli 21 X 29,7, conservati all’IMEC (l’Institut Mémoires de l’édition contemporaine).
La scrittura, regolare e leggibile, è fitta, occupa quasi tutta la pagina, che presenta tuttavia un margine più largo a sinistra che Barthes utilizza per indicare i riferimenti dei testi citati (nome dell’autore, pagina del libro), per sottolineare il termine-chiave del passo o del paragrafo o anche per indicare riguardo a una parola la natura della sua osservazione.
Questi marginalia guidano la lettura del testo principale, contribuendo alla sua chiarezza e alla individuazione dei riferimenti, ma attestano anche la propensione per “un uso estetico della pagina”.
Barthes leggeva il suo corso seguendo con attenzione queste sue annotazioni. Se le articolazioni logiche sono spesso sostituite da segni di punteggiatura dove i due punti e le frecce fanno la parte del leone, l’insieme è costruito in modo da permettere una lettura accessibile. Di fatto Barthes si discosta poco dal manoscritto, secondo una concezione che dà preminenza al discorso scritto rispetto al discorso orale.

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Lista eterogenea: opere di mistica orientale e antica, testi filosofici, opere letterarie, riferimenti a Pascal, Baudelaire, Michelet, Rousseau.
Il carattere imprevedibile di questa lista la differenzia da una bibliografia tradizionale che pretende di “coprire” un tema. Prefiggendosi non tanto di fornire un compendio sul “Neutro”, che non esiste, quanto di indicare un insieme di direzioni, essa instaura una intersemiotica delle discipline a cui Barthes è stato sempre sensibile: linguistica, letteratura, teologia, filosofia, scienza.

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Un testo decisivo, preziosissimo, raffinato, esito del filologico incrocio fra gli appunti stilati da Barthes ogni settimana in vista delle due ore di insegnamento ogni sabato mattina, e la trascrizione delle registrazioni dell’intero corso ritrovate in un armadio della prestigiosa accademia di rue des Écoles.

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«Definisco il Neutro come ciò che elude il paradigma. Che cos’è il paradigma? È l’opposizione di due termini virtuali di cui ne attualizzo uno, per parlare, per produrre senso. Do al Neutro una definizione che resti strutturale. Con questo voglio dire che per me il Neutro non rinvia a “impressioni” di grigiore, di “neutralità”, d’indifferenza. Il Neutro – il mio Neutro – può rinviare a stati intensi, forti, straordinari. ‘Eludere il paradigma’ è una attività ardente, scottante». R. B.

Domenico Setola